giovedì 19 febbraio 2015

Il dramma del design dei caschi

In questi giorni stanno accadendo grandi cose, sia dentro sia fuori dai circuiti. Di quanto accade dentro ne parlerò al momento più opportuno, quando saranno terminati i test in atto tra oggi e domenica a Barcellona. Gradirei parlare un po’ di quello che accade fuori dalle piste, dove una riunione avvenuta in questi giorni si è occupata di un grande problema per la Formula 1 attuale.

Mentre ci sono team che non si possono permettere di portare ai test le vetture del 2015, mentre ci sono team che non si sa ancora se si salveranno davvero, mentre ci sono team che hanno messo i loro asset all’asta... è giusto ed eticamente corretto occuparsi di un grosso dramma: i piloti che cambiano design del casco a stagione in corso, confondono le idee ai fan impedendo la loro istantanea identificazione.
Al di là di quello che si può pensare sul continuo o sporadico cambio di design del casco da parte di certi piloti, ritengo che non sia poi un dramma così fondamentale se qualcuno di tanto in tanto decide di decorarsi il casco con luci intermittenti, ballerine di samba stilizzate o ritratti di famiglia in formato cartoon. La mia impressione è che sia alquanto inopportuno farne un problema mentre ci sono questioni ben più importanti e serie di cui occuparsi, come ad esempio la gestione dei costi che, se non verranno abbassati, prima o poi causeranno l’uscita di alcuni team dal campionato.
Insomma, per concludere, in molti hanno dubitato per anni delle capacità intellettive di Max Mosley, ma tutto sommato forse aveva ragione lui, con la storia del budget fisso, a cui solo Williams e Force India erano a favore e che, con tutta probabilità, non avrebbe condotto i “piccoli team” alla loro triste fine.

Infine vorrei concludere con un piccolo aneddoto sul fatto che “cambiare design di casco durante la stagione confonde le idee”.
Era la fine degli anni ’90. Michael Schumacher, all’epoca pilota della Ferrari, portava un casco rosso e bianco ai lati e in cima blu con le celebri stelle a quattro punte (che, nonostante quanto dicano alcuni, erano sette ben prima che vincesse sette titoli). Poi venne il 2000. Arrivò Rubens Barrichello, che portava un casco bianco e rosso ai lati e in cima aveva lo stemma blu con le stelle della bandiera brasiliana. A ogni inquadratura di una Ferrari, c’era da usare l’intuito per capire chi stessero inquadrando e, anche andando a intuito, ci si confondeva abbastanza.
Dopo tre mesi di quella solfa Schumacher (o qualcuno al posto suo, nel caso in cui i piloti abbiano qualcuno che suggerisce loro di cambiare colori del casco) ebbe l’idea di presentarsi al gran premio di Montecarlo con un casco interamente rosso e mantenne quel design per tutta la stagione a venire e per quelle successive.
La cosa non confuse le nostre idee. Anzi, finalmente ci permise di capire qualcosa.


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