giovedì 5 ottobre 2017

In the Shadows

Era la settimana in cui si parlava del fatto che Fernando Alonso avrebbe lasciato la Ferrari alla fine della stagione. Non si parlava di ufficialità, ma si faceva il nome della McLaren. C'erano stati un paio di giorni in cui avevo davvero creduto che avrei visto la luce.
Aspettavo con ansia l'arrivo del weekend e ricordo che, al venerdì mattina, per puro caso al lavoro venne accennato alla Formula 1. Non capitava mai. Ricordo che i miei colleghi dell'ufficio traffico stavano parlando e lei chiese a lui quale sarebbe stato il lavoro dei suoi sogni. Lui rispose pilota di Formula 1. Fino a quel momento non avrei mai immaginato che fosse un appassionato di automobilismo. Il discorso finì lì, con lei che replicava qualcosa del tipo: no, io intendevo una professione seria, o qualcosa di questo genere.
Uscii dal lavoro alle quattro e mezza o alle cinque del pomeriggio. All'epoca iniziavo a lavorare presto e venivo a casa presto; il venerdì ancora prima del solito perché la mattina arrivavo prima in assenza del mio capo.
Ero già in attesa.
Facevo quasi il countdown.
Era il weekend in cui si parlava di Alonso sul punto di lasciare la Ferrari e in cui Massa avrebbe videobomberato una sua intervista chiedendogli se intendesse andare alla Marussia o alla Caterham nell'anno a venire.
Era anche il weekend in cui, mentre il mio collega parlava del fatto che la professione dei suoi sogni sarebbe stata pilota di F1, Max Verstappen disputava per la prima volta una sessione di prove libere al volante di una Toro Rosso e si parlava del suo imminente debutto come titolare in Toro Rosso nell'anno a venire.

In quel contesto, quando al sabato pomeriggio guardai le qualifiche in differita su Raidue, si inserì una notizia a cui non avrei mai pensato prima di sentirla riferire da Mazzoni, che ci informava che era ufficiale: il passaggio in Redbull di Kvyat nell'anno a venire.
Io, su F1GC, la commentai così, quella sera:
Il riferimento al fatto che la Ferrari non ingaggiasse piloti provenienti dalla Ferrari Drivers Academy non era un caso.
Prima di fare due più due e realizzare che, anche se non era ancora ufficiale, il fatto che Kvyat andasse in Redbull al posto di Vettel significava che Vettel sarebbe andato in Ferrari al posto di Alonso, avevo avuto un'unica speranza: quella che quel volante andasse a Jules Bianchi.

Qualcuno potrebbe chiedersi il perché.
Non lo so perché.
So solo che già nel 2012 una volta su Answers Yahoo qualcuno chiese chi avremmo voluto in Ferrari (all'epoca la domanda continuava con "al posto di Massa", il che sarebbe stato anacronistico nel tardo 2014) e tra le mie opzioni citai, tra i piloti che all'epoca gareggiavano, Perez o Kobayashi, mentre guardando oltre, sostenevo che avrei dato una chance a Bianchi se fosse andato bene nel suo primo anno in Force India (all'epoca si vociferava che dovesse essere titolare nel 2013).
All'epoca veniva snobbato perché il suo manager era Nicolas Todt e c'era la convinzione generale che tutti i piloti a cui Todt Jr faceva da manager fossero degli scarsi. Anzi, mi correggo, c'era la convinzione che Massa e Bianchi fossero scarsi, mentre il nome di quell'altro (quello venezuelano) non veniva mai associato a Nicolas Todt perché di ragioni per cui sparlare di lui se ne trovavano già talmente tante che non c'era bisogno di andare a informarsi e scoprire chi fosse il suo manager per trovare ulteriori spunti.
In uno dei commenti ai test prestagionali del 2013 scrivevo che non vedevo l'ora che Bianchi potesse debuttare e che avesse buoni risultati per mettere a tacere i suoi detrattori. In generale si può dire che, al di là del duello epico tra Pic e Glock, fu lui che, insieme a Chilton, mi fece appassionare così tanto alla Marussia. Erano il mio dream-team ed erano bene assortiti: uno che forse aveva un futuro in Formula 1 e uno che proprio non ce l'aveva.
Poi passò in Q2 in più di una circostanza.
Poi fece punti.
Maledizione, fece punti al volante di una Marussia, mi sembra più che logico che il mio desiderio fosse quello di fargli una statua.
C'era chi in Ferrari voleva Vettel, c'era chi in Ferrari voleva Hulkenberg, c'era chi in Ferrari voleva qualcun altro e, sinceramente, non tifando Ferrari non mi ero mai chiesta *seriamente* chi volessi in Ferrari. Per me era un discorso teorico, non un: se X andasse in Ferrari andrei in brodo di giuggiole e sarei la persona più felice del mondo.
Poi era venuto il giovedì che introduceva quel weekend. Si faceva un gran parlare del fatto che Bianchi avrebbe potuto prendere il posto di Alonso in Ferrari. Il tutto nasceva da una domanda che gli era stata posta nella conferenza stampa del giovedì. Quel giorno andai davvero in brodo di giuggiole. Mi resi conto che, per quanto non avessi apprezzato molto la Ferrari negli ultimi anni, se avessi visto Bianchi in tuta rossa non sarei mai più stata capace di vedere la Ferrari così negativamente come prima.
Poi, in realtà, avrebbe avuto anche un altro effetto positivo: con Bianchi che lasciava la Marussia, pensavo, forse Chilton avrebbe avuto più chance di essere confermato per la stagione seguente e in un colpo solo uno dei miei favoriti sarebbe stato in un top-team, mentre l'un altro dei miei favoriti si sarebbe procacciato un volante per l'anno a venire.

Dopo le qualifiche e la delusione per il fatto che avremmo avuto una coppia Raikkonen / Vettel in Ferrari nel 2015 venne il resto del sabato pomeriggio, venne il sabato sera, venne il sabato notte in cui dormii molto poco e vennero le otto della domenica mattina.
La gara partì, poi ci fu subito una bandiera rossa e un rain delay di venti minuti.
Si ripartì più o meno alle otto e mezza ora italiana, la pioggia era calata e ci fu un giro di pitstop in cui accadde qualcosa di molto pittoresco: seppure non sia stato ufficialmente considerato terzo nel timing ufficiale in quanto aveva già perso una posizione al termine del giro, ci fu un momento in cui la grafica informò che Bianchi, uno dei pochi piloti che non erano ancora rientrati, era in terza posizione. Feci uno screenshot - stavo seguendo la gara al computer - e qualche minuto più tardi lo postai su Twitter.
Intanto leggevo commenti molto pittoreschi, cose del tipo: "Chilton ha appena fatto segnare il miglior tempo" (era stato uno dei primi a cambiare gomme, credo) "e Bianchi è terzo".
Per il resto, mi stavo genuinamente divertendo.
Niente più safety car, soltanto competizione e, peraltro, neanche troppa confusione.
Poi, qualcosa come un'ora dopo il momento dello screenshot, tutto andò a rotoli. Sutil uscì di pista, per qualche oscura ragione non venne mandata in pista la safety car.
Ricordo che, poco dopo, vidi che nelle posizioni che scorrevano in sovrimpressione nella parte bassa dello schermo c'era Bianchi che stava scendendo. Pensai che ci fossero problemi per lui, ma pazienza, perché tanto le possibilità di ottenere un risultato epico non c'erano, quel giorno.
Poi fu inquadrata la scena dell'incidente di Sutil, con una didascalia che recitava "Jules Bianchi, Marussia Ferrari". I telecronisti dissero che evidentemente la didascalia era sbagliata.
Non lo era.
Su Twitter c'era la Renault che prendeva twittava prendendo per i fondelli la Marussia (tweet che venne poi rimosso) dopo avere appreso che Bianchi era rimasto fermo da qualche parte sul tracciato.
Di lì a poco arrivò qualche notizia leggermente più chiara.
La gara fu interrotta, ma quel particolare, in sé, non mi fece né caldo né freddo. Una gara in condizioni meteo proibitive in cui c'erano stati incidenti poteva essere interrotta anche per molto meno, senza che nessuno si fosse fatto male sul serio.
Ciò che fu molto eloquente, per me, fu quello che si vide sul retro del podio, l'atteggiamento molto diverso dal solito che i piloti avevano in quel momento.
Rosberg era l'unico girato verso la telecamera che lo inquadrava e aveva un'espressione completamente stravolta.
Hamilton voltava le spalle all'inquadratura e sembrava fissare la parete davanti a sé. Lo fece per un tempo che mi parve incredibilmente lungo.
Vettel, che arrivò quando gli altri erano già lì, appariva del tutto inespressivo. Si mise a fissare, sempre con aria inespressiva, il monitor con i risultati, stessa cosa che stava facendo Hamilton dopo avere smesso di fissare la parete.
Fu in quei momenti che mi resi conto, fino in fondo, che se un incidente non era stato particolarmente grave avrebbe potuto provocare l'interruzione di una gara, ma non avrebbe suscitato particolari reazioni.

Sono passati esattamente tre anni da quella domenica mattina.
Tante cose sono cambiate e oggi, per la prima volta, ho deciso di aprirmi di più su come vissi, personalmente, gli eventi di quel giorno.
Quella mattina rimasi al computer finché lo streaming non smise di funzionare e finché mia mamma non mi disse di prepararmi per andare a pranzo dalla nonna.
A pranzo mia nonna mi chiese se avessi visto il gran premio e mi chiese in che posizioni fossero finite le Ferrari, perché aveva letto le notizie sul televideo e non si ricordava esattamente dove fosse arrivato Raikkonen.
Rimasi spiazzata.
Rimasi molto spiazzata da quella domanda.
Avrei voluto ricordarle che, se aveva letto le notizie del televideo, forse avrebbe dovuto sapere che c'era un pilota di 25 anni in bilico tra la vita e la morte e che non c'era ragione per interessarsi di quale fosse la posizione, fuori dalla top-ten, che Raikkonen occupava quando la gara era stata interrotta.
Non lo feci.
Mi limitai a risponderle a proposito della posizione di Raikkonen, andando un po' a caso perché non me lo ricordavo con esattezza. Ci azzeccai, comunque.
Quando tornai a casa mi collegai in cerca di notizie.
Quelle che c'erano non erano per niente positive.
Non ricordo come trascorsi il resto della giornata. Ricordo solo che alla sera decisi di fare un video su Jules Bianchi e che scelsi "In the Shadows" dei The Rasmus come colonna sonora.
Al lunedì mattina, al notiziario delle nove, sentii che veniva menzionato Jules Bianchi. Il mio capo, che era appena arrivato al lavoro, coprì la voce del notiziario rivolgendosi al nostro collega. Non sentii nulla.

Passarono oltre nove mesi tra il momento dell'incidente di Bianchi e quello della sua morte. Fu un'attesa abbastanza straziante e il mio rapporto con l'automobilismo per certi versi cambiò.
Al giorno d'oggi, quando guardo le gare, riesco a non pensarci più, ma sono ancora fermamente intenzionata a non affezionarmi più a nessuno (anche se non sempre ci riesco). A volte vivere il motorsport in modo più distaccato è la scelta migliore.
Scoprii che era morto da GPUpdate, entrando per verificare l'orario di una gara di Indycar. Vidi che la notizia principale era corredata da una sua foto e, ancora prima di leggere il titolo dell'articolo, capii subito. Fu un bene essermi collegata a GPUpdate, perché altrimenti avrei sentito di lì a poco la notizia nei titoli del telegiornale che stava per iniziare dopo le previsioni del tempo che mia mamma stava guardando in quel momento.
Quella sera ci fu una gara di Indylights e Max Chilton la vinse.
La settimana dopo la Formula 1 gareggiò in Ungheria e, quando le due Ferrari scattarono in testa alla partenza, scoppiai a piangere per l'emozione.
So perfettamente che, se anche quell'incidente non ci fosse mai stato, difficilmente Jules Bianchi avrebbe indossato una tuta rossa, ma è più forte di me: da quando lui non c'è più, le vittorie della Ferrari mi fanno un altro effetto. Mi lasciano addosso sensazioni contrastanti. Non so mai se sono felice oppure no, so solo che quando non c'erano speranze di vittoria (2016) era tutto molto più facile: non c'era quel mix di sensazioni positive e di sensazioni negative che quest'anno ho già provato diverse volte.

Chiudo questo post spiegando perché ho scelto di intitolarlo "In the Shadows".
Lo scorso luglio, il giorno del secondo anniversario di morte di Jules Bianchi, una volta arrivata al lavoro accesi la radio.
Una delle prime canzoni che sentii fu proprio quella dei The Rasmus, il che fu una sorpresa, dato che penso che mi sia capitato soltanto quella volta di sentirla sul canale che ascoltiamo di solito.
Mi fece pensare al video che avevo realizzato la sera del 5 Ottobre 2014.
Tra parentesi, alcuni versi di quella canzone - I've been walking, I've been waiting, in the shadows for my time -, seppure riferiti verosimilmente a qualcosa di completamente diverso, mi fanno pensare un po' ai piloti delle scuderie che stavano in fondo alla griglia di partenza, proprio come lui.

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Milly Sunshine